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KoobookArchive/Lab_KA.                                                                                                               Collezionare e indagare il libro                                                                                                           Anna Guillot

Nel quadro attuale dell’arte si riscontra un rigenerato interesse per il libro d’artista. Tale attenzione reintroduce il dibattito sulla definizione di cosa questo speciale libro sia, e cosa non sia. Il problema tuttora è se si tratti di una tipologia "indefinibile" – ciò che Luciano Caruso indicava come «esercizio "traverso" […] che di fatto si mantiene sempre sul bordo del "fuori"» ([1]) – o se invece si possa concordare con Giorgio Maffei, quando pochi anni fa affermava provocatoriamente che il libro d’artista andava pensato come un possibile «tutto e contrario di tutto». Le due interpretazioni confermano l’impossibilità di precisare l’argomento, anche se naturalmente vanno considerate nella sfera dei punti di vista dei propri autori, nello spirito con il quale e nell’epoca in cui sono state formulate.
L’idea del libro d’artista come un preciso «luogo d’azione spazio-temporale minimo» è il dato certo che muove le attività del KoobookArchive/Lab_KA ([2]). Più che di raccolta e archiviazione esso si occupa di ricerca attiva "su" e "con" il libro. Lo stesso palindromo "koobook" allude infatti ad un ribaltamento di senso rispetto al libro tradizionale, ma anche ad una possibile inversione di tendenza rispetto alla pratica consolidata del cartaceo. Tale inversione di senso è esattamente il presupposto concettuale dell’archivio-laboratorio Koobook.                                                                                                                                          

Alla domanda sull’origine dell’accumulo di un simile capitale (500 libri, 300 autori), sulla nascita e i motivi del KbkArchv/Lab_KA, ho più volte risposto che quella in mio possesso è una quantità di opere con le quali nel giro di qualche anno ho avviato l’operazione, senza dovermi necessariamente identificare nel ruolo di collezionista. In poco tempo ho avvertito l’urgenza – chiara e consona al mio ruolo di ricercatrice nelle arti visive – di attivare un laboratorio finalizzato a condurre un’investigazione orientata a verificare come i media attuali possano ormai entrare anche nell’ambito in questione, che storicamente – dal Depero imbullonato e da L’Anguria lirica, per spiegarmi – è correlato all’esercizio manuale o alla tradizionale stampa tipografica. Un certo uso della fotografia e del digitale – ritengo – potrebbe costituire l’inizio da cui ripartire scavalcando le accezioni comuni, per poi dare spazio a ciò che segue, piccole installazioni multimediali ed estensioni tecnologiche in genere. Ho l’impressione che molti autori possano finire con l’emarginare il settore qualora non aprano ad una visione pienamente contemporanea.
Su queste basi, al suo esordio l’archivio promuove The Other Book, una riflessione sulle relazioni comunicazionali innescate dall’oggetto libro. In questo caso l’oggetto è inteso come "opera aperta" per antonomasia. Il pretesto tematico è di carattere ludico. L’alto tasso comunicativo dei materiali prodotti punta sul concetto di "libertà della fruizione" – tipico degli anni ’60, oggi riattualizzato – e, richiedendo di essere manipolati e perlustrati, questi libri riescono a spostare la propensione, prima dell’autore e poi dell’interlocutore, verso dimensioni interattive di carattere informatico. Gli autori di The Other Book pongono il problema della loro relazione con l’oggetto libro attraverso l’uso di strategie comunicazionali basate su varietà di linguaggi e prospettive, pianificazioni concettuali e tecniche le più disparate, offrendo soddisfazione sinestetica ad ampio spettro, incluse le più agili occasioni di gratificazione relazionale derivate da approcci di genere paratecnologico e soprattutto informatico (video libro, e-book, libro-web interattivo, libri risultanti da ricerca intermediale). In questo senso, Fractal book di Rodion Chernievsky, A book on demand di Armin Linke, ma anche I Want to Spend the Rest of my Life Everywhere, with Everyone, One to One, Always, Forever, Now di Damien Hirst. Il progetto The Other Book, come tutte le iniziative del KbkArchive, coinvolge direttamente artisti di luoghi e contesti culturali distanti e diversi, in produzioni e mostre-scambio (l’archivio persegue la logica di un network che collega realtà analoghe sparse per il mondo). Di conseguenza i rispettivi procedimenti relazionali, l’idea di gioco e dell’uso degli stessi media accrescono l’indagine anche di un singolare risvolto antropologico.
La rassegna in Liber-tà ([3]) vede il KbkArchive in qualità di prestatore per la sezione degli autori storici e come promotore in ambito intermediale con opere-libro in cui video, sonoro e cartaceo si intersecano per generare tipologie inedite, Künstlerbücher aus dem KoobookArchive presso il RARE Office di Berlino, invece, compatta una campionatura forte della raccolta del KbkArchv/Lab_KA. Qui la ricerca sul libro viene presentata nella sua eterogeneità, dalle operazioni oggettuali, polimateriche e ready-made, tipicamente "uniche" di cui scrive Gisela Weimann (Bentivoglio, Margani Escher, Ruf, etc.), passando dai libri canonici, sempre cartacei e prodotti in tirature più o meno corpose (Baldessari, Boltanski, Boutin, Cattelan, De Cordier, Eliasson, Fischli & Weiss, Hirst, Horn, Karasik, Luthi, Opie, Rist, Spalletti, Vercruysse, Vitone, Warhol, Wurm, etc.), fino ad arrivare alle proposte più attuali dove il libro si propone in termini multi e inter mediali attraverso l’uso di tecnologia digitale per attuare in termini inediti la sua possibile consistenza tra reale e virtuale (Calle, Lemonnier, Linke, Senatore).
Altri concept di progetti odierni ([4]) confermano che la ricerca sul libro d’artista inteso come opera contemporanea, è in atto. Si intuiscono ulteriori percorsi d’indagine e possibili sviluppi tra connessioni (del libro sul piano tematico e tecnico, del rapporto con l’editoria di settore e una nuova editoria sperimentale). Ci si allontana sempre più dal definire l’oggetto in argomento, dal mettere a punto i suoi contorni (come del resto è ovvio per ogni pratica trasversale). Punto fermo e indiscutibile, al di là di qualunque ipotesi interpretativa, è il fatto che colui che opera, l’autore (l’artista), si colloca inequivocabilmente nella dimensione del libro agendolo come «luogo d’azione spazio-temporale minimo» ([5]).

A Palermo, nel contesto del progetto INTRO_dialogo tra i luoghi concepito per gli spazi dell’Oratorio S. Lorenzo e promosso dagli Amici dei Musei Siciliani, Christian Boltanski, Antonio Freiles e Peter Wüthrich, ovvero tre tipologie modali del libro (sempre inteso come «luogo d’azione spazio-temporale») costituiscono la dimostrazione di come l’"azione" possa slittare oltre la dimensione spazio-luogo (in questo caso il termine luogo non è più inteso nel senso di "occasione specifica" o come spazio fisico dell’oggetto libro) traslando il libro d’artista (quell’«esercizio traverso») in ulteriori ipotesi multidimensionali e mediali, ovvero trovandosi pienamente nel "dentro", e nel centro, di una visione contemporanea.




[1]Scrive Luciano Caruso: «Il libro d’artista, cioè un esercizio "traverso" che di fatto si mantiene sempre sul bordo del "fuori" […]», Es polvo es sombra es nada. Pagine e libri d’artista in Italia, in Far Libro, Ed. Centro Di, Firenze, 1989.
[2]Ideato e condotto da chi scrive nel 2007.
[3]) Pisa, Complesso S. Michele degli Scalzi, settembre 2011.
[4]Come ad es. IN-BOOK OUT-BOOK IF-BOOK – 5ª Biennale LiberoLibrodArtistaLibero, Foligno/Spoleto e altri concept di Emanuele De Donno.
[5]Non a caso la sezione della 36ª Biennale di Venezia dedicata al libro d’artista, a cura di Renato Barilli e Daniela Palazzoli, era intitolata Il libro come luogo di ricerca. Da qui, Annalisa Rimmaudo  conia «libro d’artista come spazio di sperimentazione», mentre chi scrive ipotizza «libro d’artista come luogo d’azione spazio-temporale minimo».